Fare paragoni, nel calcio, è come avere uno sport nello sport. Non appena esplode una nuova stella nel cielo pallonaro, ecco che scatta la necessità di trovare quasi subito un alter ego. Il Milan estivo, tutto lustrini e paillettes, finito sgonfiato e mal ridotto non appena si è affacciato l’autunno, è risorto come l’araba fenice quando in attacco, e non solo, si sono trovate le corrette alchimie tattiche. Suso-Cutrone-Calhanoglu: fantasia, tecnica e istinto, tre ingredienti micidiali per il Milan che ha tramutato il suo inverno in primavera. Dunque, vogliamo non fare paragoni col passato? Azzardati, in questo caso. Con tanto rispetto per i tre che stanno trascinando la squadra verso spiagge più dorate dopo le discariche maleodoranti di inizio stagione, accostarli ai dioscuri del passato appare alquanto azzardato. Ma perché, senza apparire blasfemi, non ritrovare nel killer-instinct di Cutrone, risorsa piovuta gratis dalle giovanili mentre Fassone cercava un porto d’approdo per un cospicuo assegno, l’implacabile senso del gol di Inzaghi? O accostare gli assist dello spagnolo e del turco a quelli più nobili di Zorro Boban o Manuel Rui Costa? Troppo, è vero. Ma l’età e la classe, perché saper dare del tu al pallone è roba da pochi, aprono la strada a un roseo futuro in rossonero per questi tre moschettieri.
Confusione tattica unita a lacune fisiche avevano rallentato l’esplosione del nuovo corso cinese del Milan. Se saranno rose, fioriranno, oggi è presto per dirlo; di certo, talvolta il calcio è semplice, più di quanto si pensi: incastra le pedine nei giusti ruoli e avrai la formula magica per la vittoria. Bonucci che imposta più raramente e Biglia che si è dato al lavoro di contenimento, sono le due novità “operaie” del buon Milan di oggi. Imparare e rimettersi in discussione, per crescere. Nel 1999, dopo lo scudetto romanzesco di Perugia, Zaccheroni provò a far coesistere Shevchenko, Bierhoff e Weah, un altro tridente “sexy”, uccidendo però quel trequartista croato di cui sopra, uomo in più del sedicesimo titolo: finì con il liberiano che lasciò a gennaio quando Boban tornò al suo posto, e non lesinò a dichiarare apertamente nel suo italiano maccheronico ma tanto di vertente, che “Zaccheroni non è mio amico”.
Il Milan di oggi appare un neonato che ha imparato a camminare e sta lasciando le manine della mamma per procedere da solo: si tratterà di vedere quanto durerà il tutto e se sarà sufficiente a stabilizzarsi in Europa, seppur sei mesi fa si pensava a prospettive ben più alte. Trarre beneficio dagli errori è quanto di più buono abbia fatto questo Milan per mezzo di Gattuso, entrato dalla porta secondaria della primavera per ritrovarsi a San Siro con la curva Sud alla sua destra. Lui che Zaccheroni non ha mai smesso invece di ringraziarlo: per averlo centellinato e tenuto a bada non appena arrivato in rossonero, proprio in quel 1999. Una testa calda così aveva bisogno di imparare qualche lezione, proprio come il Milan di oggi. Rino ce la sta facendo, tanto che la risalita verso la gloria al momento non conosce ostacoli e quest’ultimo scorcio di stagione pare un’ottima base per i grandi traguardi che da queste parti mancano da tempo. Che bello sarebbe un nuovo Milan vincente con l’ex numero 8 come condottiero, uno della vecchia guardia: d’altronde, con quel tridente lì, siamo già a metà dell’opera.