di STEFANO RAVAGLIA

 

Nulla è scritto, ma pare sempre più probabile, in particolar modo in caso di mancata qualificazione alla Champions League, che a giugno qualche testa dovrà saltare. Il pezzo pregiato del mercato rossonero si chiama Gianluigi Donnarumma. Non sappiamo se tre indizi facciano una prova, ma è possibile: Reina a parametro zero, le dichiarazioni di Raiola (giochino visto anche in passato con Pogba e Ibrahimovic, poi in effetti ceduti) e la nebulosità finanziaria dell’immediato futuro, portano a pensare che a salutare per far cassa sarà ancora un pezzo grosso. Il portiere rossonero parrebbe dunque non tanto distante da un paio di suoi predecessori “sacrificati”: Kakà e Thiago Silva. Vendere per guadagnare, privarsi dei pezzi pregiati per coprire le negligenze.

In questi anni travagliati di milanismo, ai quali ancora non è destinata completa via d’uscita, nonostante le cose buone del Milan gattusiano facciano intravedere la luce, laggiù in fondo, i veri eroi sono i padri. I padri di quei bambini che hanno dovuto spiegare ai propri figlioletti perché Shevchenko non poteva imparare l’inglese a Milano ed è dovuto andare a Londra, dove di inglesi ce ne sono sempre meno. I padri di quelle bambine o adolescenti in lacrime, conquistate dalla bellezza e dalla semplicità di Kakà, che hanno dovuto fingere che il brasiliano fosse partito per poi ritornare, come in realtà accadde: magra consolazione, dopo i fiumi di lacrime versati nell’estate del 2009. E probabilmente, i padri di quei bambini, tanti, che hanno chiesto loro in regalo la maglia di Donnarumma. Mai a San Siro abbiamo visto così tante maglie da portiere sulle spalle dei tifosi infreddoliti in tribuna.

Difficile pensare che un ragazzo di 18 anni resti, nel calcio moderno, legato allo stesso club per una vita. Un tempo, forse, non oggi. Potere mediatico: ci si affeziona a chiunque e poi si cambia idea, come si cambia la biancheria intima. Invece di sprecare il mese di giugno (dello scorso anno) a insultare sui social a destra e a manca (ma dal vivo, che avreste fatto?), faremmo prima a mettere sulla maglia il nome di quei bambini, piuttosto che quello di quei grandi cattivoni che si girano ad applaudire sapendo già di dover partire. Ma tant’è, è il calcio di oggi, baby. Raiola o non Raiola. E non ci possiamo fare nulla.

Insomma, cari padri, siete davvero degli eroi per i vostri bambini sofferenti, che non si chiedono il perché delle cose, vogliono entusiasmarsi e correre felici inseguendo un pallone, e guai a ingabbiarli già in qualsivoglia dottrina. Quelli di questa generazione, già privati di un Mondiale e che in molti casi finiranno presto o tardi anche senza Donnarumma, sono attesi da un’estate che sembrerà inverno. Dura la vecchiaia, si diceva un tempo. Ma anche la giovinezza, a volte, non è che se la passi granché.

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