di STEFANO RAVAGLIA

 

L’aumento di capitale deliberato oggi, 10,4 milioni di euro, e ufficializzato nel CDA a Milano, è certamente una buona notizia. Com’è pur vero che giornali e tv non perdono tempo a speculare prima che le operazioni siano definite. La regola sarebbe quella di attenersi a fatti concreti, ipotizzare scenari pur con la dovuta arguzia e calma. Il partito rossonero invece, si è ormai diviso in due: chi crede che Yongong Li non sia mai stato un personaggio affidabile e chi invece ne difende l’operato. Resta il fatto che non sappiamo se il Milan navigherà verso nuovi traguardi con questa proprietà: la sensazione è che a Casa Milan si veleggi ancora a vista.

L’intervento di Elliott, pronta a fare da chioccia nel caso i 303 milioni non trovino la strada del rifinanziamento, è stato per ora scongiurato. La stagione volge al termine, una stagione tribolata, partita con grande ottimismo e fiducia ma sfilacciata lungo il suo cammino. Bene i risultati sul campo, ma un futuro roseo, come promesso da Fassone, non può avverarsi senza una guida solida e forte anche dal punto di vista economico. All’appello mancano ancora circa 27 milioni di euro, e questi versamenti rateizzati inducono ancora al cauto ottimismo.

Il calcio italiano, eccetto pochi esempi, continua ad essere schiavo dei diritti tv e dei mecenati. La strada da prendere sarebbe invece un’altra: non più qualcuno che esborsa denaro liquido per ripianare perdite o aumentare il capitale, bensì nuove fonti di finanziamento (centri sportivi, stadi di proprietà, merchandising) che possano essere create o affinate, per permettere al club di camminare con le proprie gambe. E’ questo il target che il Milan si deve imporre: non ora, dove il passaggio di consegne completo e definitivo pare ancora lontano, ma non appena la burocrazia farà il suo corso. E da ultimo, ma non meno importante, occorre una figura che domini anche a livello mediatico. Un presidente che si prenda la responsabilità di rispondere in prima persona, ancor prima di Fassone e Mirabelli, alla parte sportiva, che è ciò che più interessa ai tifosi, la quasi totalità non di certo laureata in economia. Un uomo forte che capisca che il Milan non è solo affare a sei zeri, ma soprattutto affare di cuore.

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