di STEFANO RAVAGLIA

 

Milan-Carpi 0-0, Carpi-Milan 0-0, stagione 2014-15. Milan-Frosinone 3-3, stagione 2015-16. Poi 1-1 a Pescara lo scorso anno, 0-3 a Verona in dicembre. E i 4 punti che il Milan ha regalato al Benevento in questa stagione. Potremmo andare avanti all’infinito, spulciando anche gli anni precedenti, per ritrovare il Milan annaspare contro le squadre di medio-bassa classifica. Il ko contro il Benevento, il primo dopo la sconfitta di Torino lo scorso 31 marzo, certifica le difficoltà e la lingua lunga dei rossoneri in questo finale di stagione.

Al netto degli esperti dei social, che prima esaltano poi demoliscono, preferiamo una riflessione matura, serena e obbiettiva. La sconfitta che compromette anche il sesto posto (mancano quattro partite  il Milan deve ancora andare in casa della diretta concorrente, l’Atalanta) è tanto dannosa quanto inaspettata perché pur nel momento complicato dei rossoneri, il Benevento pareva l’avversario giusto per rilanciarsi ed è giunta in un campionato di così bassa caratura come quello italiano nell’attuale momento storico. I sanniti non si salveranno certo con i quattro punti rubati a Gattuso, ma si fosse svegliato prima e avesse attutito il colpo dell’esordio in A, forse oggi potrebbe essere ancora in corsa per la salvezza.

Il Milan è stato desolante e pare essere tornato al periodo montelliano: sembra incredibile ammettere che nessuno è salvabile dalla partita di ieri sera. Cutrone annaspa inseguendo palloni, Biglia sembra la controfigura di quello visto alla Lazio, Kessié, sfortunato, ha finito anche la riserva di energie. Il 4-4-2 non ha pagato e mancano palesemente pezzi del puzzle: con l’assenza di Calhanoglu è dovuto essere ancora una volta Borini, schierato prima da terzino destro, poi da esterno nei cinque ai tempi del 3-5-2, e ancora da esterno d’attacco, a prenderne il posto, con conseguenti limiti tecnici e tattici che cambiano il volto all’attacco rossonero. I numeri della sfida danno l’idea del film dell’orrore vissuto a San Siro: 4 calci d’angolo a uno, 63% di possesso palla contro 37, un tiro nello specchio del Benevento contro i 21 totali del Milan. La dura legge del gol, direbbero gli 883. Ma il Benevento non è stato poi così tanto chiuso come diceva la canzone: ha provato a palleggiare, a giocare e portare su la squadra sfruttando il palleggio. Una dote non comune nelle squadre cosiddette “piccole”.

Lacune di mercato, lacune fisiche, ma soprattutto la scomparsa di quella ferocia e quella grinta tanto proverbiale a Gattuso. Che con grande onestà e obbiettività, si è preso le colpe di quanto accaduto e non ha utilizzato mezzi termini: “Mi vergogno”. Il campionato vive di piccoli cicli e illusorie serie positive: era accaduto all’Inter a inizio stagione, salvo poi ridimensionarsi dopo Natale. Sta accadendo al Milan, che dopo un girone di ritorno iniziato con l’1-0 al Crotone il 6 gennaio, il buon cammino in Coppa Italia e una sola sconfitta sino a ieri, ha fatto tornare i rossoneri nella dimensione da cui forse non si poteva pensare di essere già guariti: situazione societaria, giocatori non da Milan, entusiasmo della tifoseria lentamente scemato. C’è una base da cui ripartire ed è deplorevole voltar faccia dopo cinque mesi di lodi, ma di certo solo un illuso poteva pensare che le magagne fossero tutte già evaporate.

 

@foto ansa.it

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