Fine di un ciclo? Nemmeno per sogno. Dopo quattro stagioni di digiuno e l’amaro epilogo del 1990 a Verona, il Milan torna campione
di STEFANO RAVAGLIA
Da Napoli a Napoli, quattro anni dopo. La lotta per il titolo tra rossoneri e partenopei, aveva segnato gli anni a cavallo tra gli Ottanta e i Novanta. Dopo la rimonta del 1988 targata Sacchi, con gli uomini di Ottavio Bianchi sconfitti in casa il primo maggio e superati dai rossoneri che si avviarono al titolo, nel 1992, il 10 maggio, esattamente ventisei anni fa, il Milan di Capello smentì ufficialmente chi, dopo il ciclo sacchiano, pensava ai rossoneri come una squadra finita. Tutt’altro: sotto la cura del tecnico di Pieris, il Milan si rigenerò. Capello scelse di far lavorare diversamente una squadra cotta da quattro anni di diagonali, pressing, fuorigioco sistematico e spartiti da imparare a memoria. Conservata comunque quella impostazione, e ci mancherebbe, il nuovo allenatore chiamato dalla scrivania della polisportiva Mediolanum alla panchina rossonera, decise di concedere più tempo al risultato che allo spettacolo ovunque e comunque.
Alla faccia del risultato però: 5-1 alla Sampdoria campione in carica, 8-2 nell’ultima partita a Foggia e via dicendo, quel campionato rossonero era stata una sinfonia, con Van Basten capocannoniere con 24 gol. Una macchina da guerra quel Milan, che arriva al San Paolo quel 10 maggio con la necessità di trovare il punto scudetto. A Napoli segna Rijkaard, nella stessa porta in cui Virdis nell’88 diede il via al sorpasso rossonero. All’ora di gioco pareggia Laurent Blanc per i partenopei, dopo che Van Basten, ohibò, aveva sbagliato il rigore del ko.
A fine partita la festa rossonera. Franco Zuccalà, inviato Rai, cinge Capello e gli dice che questo Milan è una Ferrari. “Più probabilmente una Williams in questo momento”, la vettura che in quel momento comandava il Mondiale di Formula Uno. Sette giorni dopo, a San Siro, il Verona: 4-0 e prima doppietta in A di Ancelotti. Poi quella grande chiusura a Foggia. Morale? Ventidue vittorie, dodici pareggi, zero sconfitte. E meno male che il ciclo era finito.
Ne correrà di Gran Premi quel Milan: il titolo numero dodici in quella domenica di maggio fu il primo di tre di fila, impreziosito dal record di 58 partite senza perdere, prima che Asprillia, nel 1993, castighi con una punizione Sebastiano Rossi con la maglia del Parma. In mezzo, i 5-3 alla Lazio, i 7-3 a Firenze, l’arrivo di Eranio e Panucci, tasselli importanti per l’immediato futuro e via dicendo. Il Milan 1991-92 peraltro si dedicò solo al campionato e alla Coppa Italia dalla quale uscì in semifinale: niente Europa per via delle luci di Marsiglia. Questione di tempo: rientrato in Coppa dei Campioni dopo quell’esaltante scudetto, la dominerà vincendo dieci partite su undici, prima che la città francese torni a guastare la festa…
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