Povero tifoso rossonero: sesto, cornuto e mazziato. Ma calma coi giudizi: il 15 giugno è ancora lontano

di STEFANO RAVAGLIA
Yongong Li ha parlato sostanzialmente tre volte da quando è presidente del Milan: “Riporteremo il Milan in cima al mondo”, “Il mio patrimonio è solido”, “Vogliamo la coppa Italia”. Questi i tre scarni comunicati usciti dalla bocca del successore di Silvio Berlusconi. Troppo poco: al Milan manca una figura leader in società, con Fassone e Mirabelli mandati a dirigere sul podio quando troppo spesso sono stati semplici violinisti nelle retrovie dell’orchestra. Che occorra una figura capace di entrare in empatia con la piazza replicando un Berlusconi stile 1986, è fuor di dubbio. Vi sono dubbi anche sulla sua consistenza patrimoniale, ma questo è un altro affare, su cui la Uefa vuol vederci chiaro.
La faccenda ha un meccanismo complesso, ma nel calcio di oggi non sei nessuno se non impari anche un po’ di economia oltre al mero pallone. Prima di essere tifosi però, dobbiamo mettere al centro l’amore per il calcio e l’ostinata ricerca della pulizia e dell’onestà, due qualità venute parecchio a meno nel pallone degli ultimi vent’anni almeno, pertanto accettiamo quanto deciso dalla Uefa, e aspettiamo. Il 15 giugno è ancora lontano, ma l’isterismo da social ha trovato ancora terreno fertile. “Uefa=mafia”, no proprio no. Ecco che ci escluderanno dall’Europa e ci toglieranno pure i trofei precedenti. Perché darsi all’Apocalisse in partenza? Perché ricorrere sempre allo sport del dare la colpa a qualcun altro quando le ombre su questa gestione sono risapute da tempo?
Accanimento? Può darsi, ma dubitiamo. Che ragione avrebbe  l’organo europeo che tanto ha beneficiato del Milan per anni, ad accanirsi? Restiamo lucidi e aspettiamo. Ma non raccontiamoci che i dubbi si erano dileguati, spazzati via da tredici risultati utili consecutivi in inverno. Ora giubilano i media, che senza più partite hanno pane da masticare ben volentieri. Da qui a metà giugno partiranno fantasmagoriche ipotesi di un’estate spinosa. La consistenza di Li resta un punto interrogativo, e nessuno aveva mai ammesso il contrario tranne lui. Vero che gli adempimenti sono stati fatti, ma la data di ottobre 2018 non era passata nel dimenticatoio. E ora? La più ragionevole conseguenza sarebbe che il fondo americano Elliott prendesse in mano la questione. Il Milan per loro è una garanzia e non un affare di cuore: nuovo proprietario cercasi. Un punto oscuro ci resta: la società Milan China, come procede? Fassone ne ha sempre decantato l’assoluta utilità, ma può un club basare i suoi ricavi sulla vendita di tazze e magliette dall’altra parte del globo? A rimetterci, comunque, oltre al calcio italiano che non ha certo bisogno di questi pasticci, è sempre il popolo rossonero: vacche magre, closing, illusioni e un altro sesto posto. Ora la grana Uefa, un anno dopo la vicenda del rinnovo di Donnarumma. La Provvidenza dovrà fare una scorta di aureole perché è l’unico riconoscimento possibile a una tifoseria sbattuta, demoralizzata e esageratamente schiava di punti interrogativi ormai da troppo troppo tempo.
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