Redondo un signore nel mondo del calcio
di MATTEO ANOBILE
Se mi chiedessero tre aggettivi su Fernando Redondo? Direi: intelligente, garbato ed elegante, poichè gli garbano alla perfezione. Era l’estate 1994, l’Argentina era appena stata estromessa da Usa 94 e Redondo era il suo “volante central” ovvero il perno del centrocampo. Passarella venne nominato nuovo ct. L’ex giocatore di Inter e Fiorentina decise dittatorialmente che i suoi giocatori avrebbero dovuto portare i capelli corti, il ragazzo di Buenos Aires non accettò questa imposizione e di conseguenza venne tagliato dalle convocazioni in nazionale. Da ciò si evinceva come Fernando preferisse la sostanza all’apparenza, ma non per tutti è così, quando l’ostinazione regna sovrana.
Arrivato in Spagna nel 1990 al Tenerife, vi rimase sino al 1994, per poi passare al Real e rimanerci sei stagioni, vincendo due Champions League (1998 e 2000). Proprio contro il Manchester (campione d’Europa in carica) all’Old Trafford, mandò in rete Raul, con un colpo di tacco geniale. Per queste sue magie veniva chiamato “il Principe”, il suo modo di giocare a testa alta e smistare i palloni per i compagni era una bellezza a vedersi. Da qui si spiega, il perchè del secondo aggettivo: elegante.
Il Milan nel 2000 cercava un centrocampista di qualità, da affiancare ad Albertini, cosi acquistò l’argentino per 35 miliardi di lire. Purtroppo un misterioso infortunio al ginocchio lo tenne lontano dai campi per ventinove mesi. Esordì in rossonero il 1° dicembre 2002 in Ancona-Milan, ottavo di finale di coppa Italia. In questi mesi Redondo meditò molto e di qui, il terzo aggettivo: galantuomo. L’argentino disse apertamente alla società di non voler alcun soldo fino a che non sarebbe rientrato appieno, tanto che Galliani replicò: “In tanti anni di calcio, mai sentita un’affermazione simile”. Nel 2003 partecipò attivamente alla vittoria della coppa nazionale, giocando tutte le partite, al posto del titolare Pirlo. Sempre a Manchester vinse la sua terza Champions League, da comprimario, ma per le vittorie servono anche uomini che facciano da collante fra campo e spogliatoio.
Lasciò il Milan e il calcio nel 2004, dopo aver vinto anche lo scudetto. Il brutto infortunio sebbene avesse 35 anni lo aveva logorato. Di Redondo ricorderemo lo spessore umano, sempre sorridente nonostante le difficoltà avute, alla fine anche lui ha vestito e onorato la maglia rossonera.