Fabio Capello: lo stratega della panchina

DI MATTEO ANOBILE

Fabio Capello è unA istituzione del calcio italiano, nato a Pieris nel Goriziano, classe 1946, compaesano e amico di un altro allenatore storico come Eddy Reja. Da calciatore si è contraddistinto per aver vestito le maglie, di Roma, Juve e Milan. Da calciatore con i bianconeri ha vinto tre scudetti e uno con i rossoneri nel 1979, ovvero quello della stella. Nel calcio italiano ha scritto una pagina storica, ossia un suo gol a Wembley nel novembre 1973, che è valso la prima vittoria azzurra nel tempo storico del calcio.

Con i colori rossoneri, l’avventura in panchina è incominciata nelle giovanili. Suo allievo nella primavera è stato un “certo” Paolo Maldini, per poi arrivare in panchina dei “grandi” nel 1987 e battere a Torino nello spareggio per andare in Uefa, la Samp grazie a un gol di Massaro. Dopo questa breve esperienza, Berlusconi ha voluto che andasse dietro la scrivania a fare il dirigente nella polisportiva del Milan.

Stagione 91-92, saluta Sacchi e Capello per volere presidenziale, viene messo in panchina, in una squadra che viene reputata bollita. Ma il mister di Pieris è un abile psicologo da panchina, non tocca il meccanismo che il suo predecessore ha costruito. In cinque anni vince: quattro scudetti, di cui tre consecutivi, il suo Milan rimane imbattuto per 58 partite consecutive, diventando la squadra degli invincibili. Nella stagione 93-94 ad Atene vince la sua unica Coppa dei Campioni, strapazzando il Barcellona per 4-0, con un capolavoro tattico, senza Costacurta e Baresi.

Facendo un paragone ciclistico, il Milan di Sacchi è come un ciclista per gli sprint, quello di Capello è piu’ per le corse a tappe.

Nel 1996 con nove trofei vinti, lascia il Milan per trasferirsi al Real Madrid, dove vince uno scudetto. Berlusconi lo riporta a Milano la stagione successiva, ma un 11° posto e una finale di coppa Italia, persa malamente contro la Lazio, fanno si che il suo rapporto con il diavolo si concluda malamente.

Di Capello si è parlato di un rapporto burrascoso con giocatori di forte personalità, Gullit ne era l’esempio lampante. Come quando a  Torino dopo una vittoria con la Juve, i due arrivarono alle mani, vennero poi divisi per evitare che la situazione degenerasse. L’olandese la stagione successiva traslocò alla Samp. Anche con Savicevic i rapporti inizialmente non erano dei migliori. Capello in seguito si inchinò davanti alla classe del montenegrino, in un’intervista disse:” Per entrare al campo di allenamento a Milanello c’è una siepe. Savicevic non passa nel vialetto, ma attraversa la siepe!”. Facendo capire quanto il montenegrino, fosse genio e sregolatezza.

Nonostante tutto il tecnico friulano viene ricordato come un grande stratega, sulla  con una capacità molto spiccata nel leggere le partite e non sbagliare (quasi) mai i cambi.

 

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