Paolo Maldini festeggia i suoi primi 50 anni. Da quel retropassaggio all’esordio a Udine alla leggenda di un campione intramontabile

di STEFANO RAVAGLIA

 

Ci mancava pure questa. Vessato da una situazione societaria (e pure di risultati, diciamolo) che sta scandendo uno dei periodi più tribolati della storia rossonera, i tifosi, che mai lo hanno dimenticato, non possono non fermarsi per un momento a rivolgere un pensiero a Paolo Maldini, nel giorno del suo cinquantesimo compleanno. Perché è un impiccio? Perché tocca riaprire l’album dei ricordi, in un momento storico dove il milanista tipico è sempre più votato al passato, perché il presente proprio non offre nulla di così emozionante. Come la carriera di Paolo, che è un po’ la storia di tutti noi: quel sedicenne che il 20 gennaio 1985 entra in campo al posto di Battistini al “Friuli” di Udine e si spaventa quando la palla gli arriva per la prima volta. Controllo e retropassaggio a Terraneo, quando ancora il portiere poteva prenderla con le mani. Pericolo scampato. Da quel momento in poi, Paolo non avrà più paura di toccare il pallone, anzi, sarà il pallone a sperare di essere preso da piedi sicuri come i suoi. Il “telaio” degli anni d’oro lo aveva messo proprio Nils Liedholm, l’allenatore che quella fredda domenica d’inverno lo fece alzare dalla panchina un po’ a sorpresa. Tassotti, Baresi, Evani, Galli (Filippo) erano già tutti lì quando lo svedese serafico e simbolo di un romanticismo calcistico che non c’è più impartisce la prima bozza di zona e fuorigioco. Dalle parti di Milanello sta per sorgere il sole ed è romantico pure l’accostamento con l’inizio della carriera di Maldini, che due anni dopo il suo esordio segna a Como un gol decisivo per la vittoria del Milan che è anche il suo primo in serie A. Nel frattempo, Berlusconi ha rilevato la società e aperto tutte le sue vele.

La stagione 1987-88 lo vede campione d’Italia a vent’anni, e pare un veterano. Quell’anno segna all’Avellino, e proprio quella domenica la sua futura compagna di vita, Adriana Fossa, è in tribuna a San Siro. I due si sono già conosciuti, tramite un’amica, che voleva essere la reale fidanzata di Paolo. Che però, sfortunatamente per lei, aveva messo gli occhi addosso a questa bella modella e attrice venezuelana che gli darà due bambini, Cristian e Daniel. La carriera di Paolo Maldini è un crescendo per continuità, classe, personalità, carisma: studia già da capitano. Nel 1997 finisce un ciclo dopo un undicesimo posto e una stagione rovinosa, arrivata dopo una scorpacciata di trofei. Baresi lascia e la fascia non poteva che essere sua. Maldini ambasciatore Unicef, Maldini fuoriclasse e poco incline a comparire e mettersi in mostra, ma sempre disponibile. Ma soprattutto, un uomo, vero e tutto d’un pezzo, che non accetta compromessi. Nel 1998, Capello chiude il suo ritorno al Milan con un mesto decimo posto: doveva aprire un nuovo ciclo dopo quello dei quattro scudetti in cinque anni e invece il suo Milan fa quasi peggio dell’anno prima. L’allenatore definisce la vecchia guardia “finita”, tra le righe. Un anno dopo, quando a Perugia i rossoneri vinceranno lo scudetto, Maldini non le manda a dire: “dedicato a chi di dava per finiti” con plausibili riferimenti a Don Fabio. Un rapporto non semplice anche coi tifosi, ai quali non ha mai concesso più del dovuto: un capitano orgoglioso e ferito nell’anima quando quella domenica di maggio col Parma la curva si svuota e lancia uova marce addosso ai suoi ex beniamini. Ne resterà scottato per il resto della carriera.

Il profondo legame col padre (“Non mi rendo ancora conto che non ci sia più”) in una famiglia numerosissima dove lui è il quarto di sei figli, e quella Coppa dei Campioni alzata al cielo inglese come quarant’anni prima aveva fatto Cesare a Wembley. Il Maldini post carriera non ha abbandonato lo sport, trovando il tennis come nuovo percorso, e soprattutto la cosa alla quale tiene di più: l’indipendenza di pensiero e di morale. Avvicinato da Fassone, ha rifiutato. Ora, tornato sulla bocca della stampa per una ipotesi di ingresso nel nuovo Milan che verrà, non crediamo allo stesso modo potrà accettare se non avrà il ruolo di primo piano che pretende proprio per quella sua capacità di non scendere a compromessi. Il numero 3 non esiste più e tornerà eventualmente sulla schiena di uno dei figli (Cristian milita nel Racing Fondi, Daniel nel settore giovanile rossonero) altrimenti verrà riposto per sempre nel cassetto. Perché uno come Paolo Maldini nasce una volta ogni trent’anni. E forse anche di più.

 

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