Il mister uruguaiano segue le partire aiutandosi con una stampella, un esempio commovente di lotta contro la malattia
DI MATTEO ANOBILE
Il calcio uno sport per natura, conservatore e arido di sentimenti ma sa regalare anche storie con un profondo lato umano. Il protagonista è Oscar Tabarez, commissario tecnico dell’Uruguay, nato a Montevideo nel 1947. Il suo sorannome è il maestro poichè prima di approcciarsi al calcio insegnava in una scuola elementare, nella capitale uruguaiana.
Nostante non abbia lasciato un ricordo eccelso a livello di risultati, nella prima parte della stagione 96-97, si è seduto sulla panchina rossonera. L’esonero è avvenuto il 1° dicembre 96 a Piacenza, dopo una rocambolesca sconfitta, per 3-2. Sebbene qualcuno alla domanda: Cosa ne pensasse di Tabarez? abbia risposto se fosse un cantante di San Remo, nell’ambiente rossonero: all’unisono è stato definito, un signore. Malauguratamente è capitato in squadra alla fine di un ciclo, che non aveva piu’ fame di vittorie, i fallimenti successivi di Sacchi e Capello, ne sono stati la prova tangibile.
Ma il vero simbolo del mondiale 2016 è l’allentore uruguaiano, dal 2016 stia combattendo con un male oscuro, ovvero una neuropatia che attacca il sistema motorio. Ma è stupefacentel’intensità che ci mette in panchina, a trasmettere la forza ai suoi ragazzi. E’ un esempio da seguire, nonostante non riesca a camminare è il primo condottiero. Cavani e Suarez vogliano portare piu’ in alto possibile questo Uruguay, seguendo le lezione impartite dal loro maestro.
Probabilmente la “Celeste” non vincerà il mondiale, ma il suo allenatore ne è il vincitore morale è bello vedere che in questa storia c’è un uomo che lotta fino alla fine. Seppure in maniera sbiadita in questa storia c’è anche un po’ di rossonero.