Scatta la nuova stagione rossonera. Che pare già un’annata fantasma

di STEFANO RAVAGLIA

 

Un tempo volavano elicotteri e piombavano fuoriclasse. Si posava con le coppe e una folla orgogliosa appendeva i propri striscioni alle reti plastificate intorno al campo esterno. Milanello torna protagonista di un raduno, l’ennesimo, quello che darà ufficialmente il via alla stagione 2018-19. Sembra ieri che si sia chiusa quella precedente. Il 20 maggio, contro la Fiorentina, il 5-1 finale pareva un buon viatico per il futuro. Ora, quella Europa League conquistata quella domenica, pare sfumata in attesa della sentenza del TAS. Attesa, già. Questa parolina poco magica che i tifosi del Milan ormai da anni hanno dovuto imparare a pronunciare. Figli dell’attesa di un bonifico, martiri di amministratori delegati che vanno e vengono e spesso si pestano pure i piedi (Galliani e Barbara, ricordate?).

Milanello un tempo era la casa del raduno della gente, oltre che della squadra. I giocatori attesi alla verde cancellata per qualche autografo, l’ansia di vedere il ritorno dei nazionali dopo una qualche competizione, i bandieroni che garrivano al vento. Lo scorso anno, erano in quattromila: pareva una rinascita. C’era un tempo in cui Milanello serviva per i banchetti matrimoniali, poi arrivò Berlusconi e ne fece il quartier generale più importante in Italia per una squadra di club. Un bunker, un fortino, dove si sono messi a punto tutti i piani d’attacco all’Italia, all’Europa, al Mondo. Oggi non sarà così. Il Milan scialbo e incompleto che si ritrova a Carnago, non è povero solo dei Nazionali ma anche e soprattutto di quell’orgoglio. La situazione societaria ha valicato qualsiasi limite possibile e nonostante la fede incrollabile della gente milanista, oggi pare un giorno come un altro.

Nel luglio 2001, non solo Milanello: fuori dalla stazione centrale, in piazza Duca D’Aosta, in piena Milano, la sfilata della squadra e dei nuovi acquisti, con Rui Costa e Inzaghi acclamati da una folla in delirio. Non bastava la piazza a contenerli. Non per fare i nostalgici, ma oggi l’entusiasmo sarà davvero sotto i tacchi: il Milan non conosce non solo il suo futuro ma forse nemmeno il suo presente. Duro il lavoro di Gattuso, che come Fassone e Mirabelli è sbattuto in prima pagina quando le colpe e le magagne paiono di tutt’altro genere. Non sappiamo se, dopo un mese e venti giorni di stop, rivedere sprazzi di campo potrà servire a ripartire. Ma c’è la sensazione che, con tutto il pasticcio gestionale dell’ultimo biennio, da Mr. Bee a Mr. Li, passando per ipotetici americani, oggi inizi un’altra stagione che pare già buttata in partenza.

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