Occasione persa quella per il centrocampista rossonero. L’ex Napoli non è solo gol, ma allenatore in campo

di STEFANO RAVAGLIA

 

Quando torna il calcio giocato c’è quasi sempre un sospiro di sollievo. Finiscono le chiacchiere da bar, iniziano i fatti, gli spunti, sia per chi scrive sia per chi tifa. Il Milan visto al Bernabeu, seppur in amichevole, il che fa arricciare il naso se si pensa alle antiche battaglie, ha subito una sconfitta prevedibile ma ha trovato un leader, seppur non sia sufficiente una partita per stabilirlo. Higuain non solo ha segnato un gol dei suoi irrompendo sul suo ex stadio come un tornado, ma ha corso e lottato, aiutato i compagni sia nei fatti che nelle chiacchiere, parlando e dando indicazioni a tutti, come sottolineato da Gattuso nel post-partita. Il Milan appena nato e ancora in incubatrice, ha cambiato poco e dove serviva: tutto il contrario della torre di Babele dello scorso anno che non aveva portato i risultati sperati.

Nella settimana che porta al traguardo del calciomercato, prima del via della Serie A, da svelare ancora qualche possibile argenteria: Milinkovic Savic è tutt’altro che una pista tramontata, a dispetto di quanto detto da Leonardo, e vi sarà anche qualche ulteriore uscita. Qualcuna ce n’è già stata, e ci riferiamo a Locatelli. E qui occorre aprire un piccolo approfondimento: è certamente un peccato che il centrocampista debba, per trovare continuità, andare altrove a titolo pressoché definitivo. Ma occorre anche pensare al troppo entusiasmo e alla troppa aurea di santità che investe questi giovani in Italia: fu lo stesso per De Sciglio, una storia finita con gli insulti del popolo milanista e il suo passaggio alla Juventus, e una carriera lontanissima dalle aspettative di quei primi giorni rossoneri in cui anche il Real pareva aver messo gli occhi sopra il terzino.

Ora, si fa un gran parlare dei giovani che dovrebbero essere il motore della ripartenza e guai a toccarli. Sentimento molto nobile, ma non tutti i giovani sono quel che luccicano. Locatelli ha avuto la possibilità di essere titolare nell’anno montelliano causa i problemi fisici di Montolivo e quei due gioielli messi a segno con Sassuolo e Juventus. Poi si è attestato su prestazioni anonime e appena sufficienti, non sfoderando quella personalità che all’estero soprattutto, permette ai ventenni di fare le finali di Champions League e giocare subito ad alti livelli. Va bene aspettare, va bene dare la possibilità di crescere, ma parliamoci francamente: o sei bravo, o non lo sei. E’ certamente un grande peccato averlo visto sfiorire e non vedergli prendere lo scettro del reparto come capitò ad Albertini nel 1991. Altro calcio, ma soprattutto, altra pasta.

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