L’ex centrocampista compie 47 anni
di STEFANO RAVAGLIA
Forte quel ragazzino. Prima nelle giovanili del Milan, poi nel Padova. Demetrio Albertini da Besana in Brianza ha bruciato le tappe, tanto che dopo un Milan-Cagliari 2-0, Berlusconi ne intravide la classe di Rivera. Oggi, il “metronomo” compie 47 anni e come dimenticare la sua carriera in rossonero? Quando Ancelotti, secondo alcuni già “bollito” quando arrivò nel 1987, lasciò la causa nel 1992 dopo il dodicesimo scudetto, il Milan aveva già il sostituto in casa. Corsa, freschezza, entusiasmo, e soprattutto un tiro da fuori che raramente lasciava scampo. Come quella botta su punizione col Monaco in semifinale di Champions League nel 1994, come quei due schiaffi a Dutruel, portiere del Barcellona, il 18 ottobre 2000.
Rigorista implacabile, tranne che nel 1998 in Francia quando ai quarti di finale del Mondiale si fece respingere il tiro da Barthez, Albertini ha scritto, insieme alla vecchia guardia, pagine memorabili del Milan di Capello. Prima del sorgere di Pirlo, erano sue le chiavi del centrocampo. Poi, da quell’amico dal quale aveva ereditato lo scettro, il Carletto allenatore del Milan nel 2002, riceve il benservito e se ne va in Spagna, prima a Madrid poi a Barcellona. Sarebbe stata la faccia giusta per un nuovo corso in Federcalcio, ma le assurde logiche italiche gli preferirono Tavecchio, con i risultati che conosciamo tutti. Anche se risolvere i problemi di un paese eternamente malato come l’Italia, sia nel calcio che fuori, sarebbe forse stato un compito arduo anche per lui, che di classe ne aveva da vendere. Oggi Demetrio fa 47, un numero macabro nella smorfia, e mai nulla di così lontano dalla faccia pulita e dall’aspetto gioviale che il nostro ancora mantiene. Prosit, Demetrio. Meno male che l’abbiamo avuto noi, uno come te.