Stella Rossa-Milan, trent’anni fa: sull’1-0 per gli slavi, scende la nebbia. Si recupera il giorno dopo. E il Milan passa ai rigori

 

di STEFANO RAVAGLIA

 

Sono passati trent’anni esatti. Il 9 novembre 1988, il Milan di Sacchi rischiò fortemente di spegnersi prima ancora di nascere. Qualcuno, dall’alto, aveva capito. E siccome in ogni storia c’è sempre l’antagonista, in questo caso era una squadra jugoslava che voleva fermare quel salone di bellezza che stava diventando la formazione rossonera, dopo lo scudetto di maggio. Dopo aver superato senza problemi il Vitocha Sofia nel primo turno di Coppa dei Campioni, per il Milan, che non disputava il torneo da vent’anni, altro che il calcio moderno, si aprivano le porte degli ottavi di finale.

I serbi avevano eliminato gli irlandesi del Dundalk, con un complessivo 8-0. Era la squadra che da lì a tre anni (Savicevic, Prosinecki, Stojkovic…) avrebbe vinto la Coppa a Bari contro il Marsiglia anche con Jugovic, Pancev e Mihajlovic in campo. Andata, dura, a San Siro: 1-1. Proprio Stojkovic porta avanti i suoi, e Virdis pareggia. Milan in maglia bianca e in affanno. Non proprio un bel biglietto da visita per Belgrado. Stadio Marakanà, 97.000 persone, una bolgia, con la tigre Arkan e i suoi adepti in prima linea. Il Milan soffre, va sotto, segna proprio Savicevic. La nebbia aveva capito tutto. E anche il loro allenatore. Lo disse anche Sacchi: “Secondo me lui aveva capito come giocavamo. Non ce l’avremmo mai fatta senza la nebbia”.

Sì, perchè a un certo punto entra dentro come il latte. Leggenda vuole che chi abitava a Belgrado disse: “Non c’era mai stata una nebbia così”. Virdis espulso, squalificato. Si gioca il giorno dopo, con Gullit che non è al meglio e prova nel corridoio dell’albergo. Va in panchina. Pauly, l’arbitro tedesco, non vede un autogol della Stella: palla di là di due metri. Fosse accaduto in Italia, senza tecnologia, se ne sarebbe parlato per un mese. Segna Van Basten, pareggia ancora Stojkovic, ma la vera tragedia sta per accadere a Donadoni per uno scontro fortuito: cade male, si frattura la mandibola e sviene. Scamperà al peggio. Calci di rigore: Galli ne para due, uno a Mrkela e l’altro proprio a Savicevic. Quello decisivo è di Rijkaard. E i novantasettemila tacciono. Ogni tanto, serve anche una mano da lassù…

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