Alessio Romagnoli, capitano del Milan, si racconta in un’intervista alla rivista Undici nel nuovo numero in edicola…

di PIETRO ANDRIGO

SULL’ESSERE CAPITANO E GIOCATORE DEL MILAN –  A volte ci si scorda dell’ importanza di giocare in una società come il Milan vuoi per il momento storico infausto o per gli anni bui a livello societario ma Alessio Romagnoli, capitano del Milan non sembra essersi dimenticato dell’onore di vestire la maglia rossonera:“Il Milan è sempre il Milan, è sempre un’emozione, sempre un onore”. Alessio è ormai da qualche anno una certezza del Milan e con la partenza di Bonucci, la fascia è andata a lui. Nonostante la giovanissima età, il numero 13 rossonero non sembra impaurito dal peso della fascia ma anzi orgoglioso e cosciente della sua importanza: “L’investitura a capitano? Me l’hanno detto quando Bonucci è andato via. Pochi giorni dopo. Viene il mister e mi dice: te la senti? La risposta è stata ovvia. Ma le responsabilità sono solo a livello mediatico, mentre a livello di gruppo e in campo fai quello che hai sempre fatto. La fascia non si può rifiutare. Si deve accettare con gioia, non con paura”.

CRESCITA PERSONALE — Alla domanda su quale allenatore abbia influenzato di più la sua crescita Romagnoli risponde: “Mihajlovic è quello che mi ha insegnato più di tutti. Tra i compagni invece Bonucci e Chiellini, ma penso che ti insegnino di più gli allenatori che i compagni”. Romagnoli è diventato così una certezza negli ultimi anni, migliorando soprattutto in fase di impostazione. “Io sono uno a cui piace molto giocare la palla – spiega parlando della sua interpretazione del ruolo -. È normale correre dei rischi”.

L’IMPORTANZA DI ESSERE DIFENSORE— In Italia la tradizione dei difensori centrali è di sicuro affidamento e Romagnoli lo ribadisce con forza. “Penso che la scuola italiana sia ancora la migliore del mondo. Quelli passati lo sono stati, quelli presenti lo sono, con Chiellini, Barzagli, e Bonucci, e spero lo saremo anche noi futuri”. Il ruolo del difensore è cambiato molto rispetto al passato e in questo senso il numero 13 rossonero è uno dei difensori più moderni “Per fare il difensore bisogna essere più maturi che per fare gli attaccanti, perché devi pensare prima di loro, li devi capire. Quando attacchi puoi permetterti di sbagliare, di essere più spensierato. Quando difendi devi essere concentrato, capire in anticipo quello che vogliono fare gli attaccanti, anzi ancora prima, dove potrebbe arrivare la palla. È un lavoro soprattutto di testa. L’atteggiamento del difensore è molto attivo. Devi cercare di metterti in una posizione che a lui, l’attaccante, sembra favorevole, ma che invece è favorevole per te. Il più delle volte siamo noi a indirizzare l’attaccante su dove andare, non viceversa”.

 

VITA DA MILANESE — Per un romano doc  trasferirsi a Milano poteva essere un problema a livello d’ambientamento.M bon per Alessio Romagnoli che sotto la Madonnina sembra aver trovato la sua dimensione:  “Mi piace l’educazione e il modo di porsi delle persone milanesi. Sono molto discrete, a Milano puoi andare in giro senza che ti chiedano chissà quante foto. Si sa che la gente del Nord è diversa da noi, e io la vedo come una cosa positiva. Quando vado in giro mi piace essere soltanto un ragazzo di 23 anni che va in giro…”.

 

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