Niente gioco, zero coraggio e altri due punti persi. Otto anni di sofferenza che paiono sempre uno uguale all’altro

di STEFANO RAVAGLIA

 

Quasi non riuscivo a camminare quando mi sono alzato dal mio seggiolino puntellato di ghiaccio ieri sera al Dall’Ara. La partita era finita e dovevo riprendere il cammino verso un luogo caldo, e dovevo schiodare due gambe rattrappite dalla gelida serata bolognese. Non che ci fossero differenze tra le mie gambe e quelle di chi era in campo. Bologna-Milan è stata all’insegna dell’immobilismo più totale: zero occasioni, zero movimenti senza palla (e, in qualche sporadico caso, ignorati dal portatore della sfera), zero agonismo, nulla di nulla. L’ennesima partita vittima dell’assurda legge dello spezzatino è stata lo spot perfetto del calcio italiano: volemose bene e non facciamoci del male. Il Milan schiaffeggiato in Grecia altro non necessitava che di un brodino, il Bologna mortificato di Inzaghi, che già doveva retrocedere l’anno passato dopo aver stabilito il record negativo di sconfitte in A, questa stagione pare la bruttissima copia di quello ammirato quando un ex milanista arrivò sulla panchina rossoblù, Donadoni. Sono almeno tre anni che la sfida del Dall’Ara è di una bruttezza rara, ma ieri sera si è toccato il fondo. Ci si chiede come si possa voltar pagina in questo paese se due squadre scendono in campo per non osare, tradendo migliaia di spettatori infreddoliti (stadio pur pienotto nonostante il clima proibitivo) ai quali sarebbe stato bene rimborsare il biglietto.

Il Milan è ormai in un vicolo cieco: con le mani legate dalla Uefa, una squadra sopravvalutata (Castillejo, Laxalt, José Mauri, ma c’è solo l’imbarazzo della scelta… in quale grande squadra giocherebbero titolari?), e soprattutto nessuno che si permetta di puntare l’uomo e saltarlo, di rischiare il dribbling o la giocata, di cambiare passo alla partita. Solo retropassaggi, solo una paura atavica e assurda di avvicinarsi alla porta, prestazioni queste viste e riviste in questa stagione che somiglia molto alle precedenti. Il Milan è al quarto posto forse per proprio meriti, di certo soprattutto per i passi falsi delle romane che stanno tradendo le attese e per due reti arrivate in extremis a Udine e col Genoa. Inutile prendersela con Higuain e Cutrone, tanto invocati nel 4-4-2 che sembrava la panacea di tutti i mali e che invece si sta rivelando l’ennesima bufala. Senza cambio di passo, senza giocatori di qualità in mezzo e senza un’idea di gioco (Gattuso, ne ho anche per te) anche Padre Pio faticherebbe in una squadra del genere.

Quel che lascia attoniti è la mancanza di reazione dopo Atene, l’opportunità, contro una squadra tutt’altro che proibitiva, di ritrovare risultati e convinzione, soprattutto dopo il passo falso della Lazio a Bergamo. Invece si gioca a pareggiare o a perdere: dopo l’infausto girone di Europa League, anche il Torino dieci giorni fa è venuto a giocare a viso aperto dominando il primo tempo a San Siro. Quante volte abbiamo visto il Milan giocare davvero bene? In casa con la Roma ad agosto, nel primo tempo con l’Atalanta, e poche altre volte. Mentre ai piani alti si predica un nuovo stadio che farebbe fare più incassi dell’Allianz Stadium, la realtà è che Gazidis non può essere il salvatore della patria e di un fatturato fermo al 2003, così come i ricavi. Disfattisti? Tragici? No, realisti. La storia è un onore ma soprattutto un onere, e questo Milan, disastrato da gestioni societarie fallimentari e mortificato dalla farsa cinese, la sta distruggendo pezzo per pezzo, settimana dopo settimana.

 

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