Prima di domenica alle 15, poi di sabato, ora di venerdì. Ma più restiamo attaccati al giocattolo, e più nei palazzi se ne infischiano

 

di Stefano Ravaglia

 

Lunedì pomeriggio Genoa-Milan. Sessanta euro il settore ospiti per Roma-Milan all’Olimpico. E ora, il valzer degli orari di Milan-Empoli. Originariamente in programma il 24 febbraio alle 15, la partita era stata inizialmente spostata alle 18 del sabato non per questioni legate ai rossoneri. Dato l’impegno di martedì 26 in casa della Lazio, per i biancocelesti è risultato impossibile anticipare al sabato la partita con l’Udinese, poiché l’Olimpico era occupato dalla nazionale di rugby. Il Milan aveva bisogno di tre giorni di distacco tra Empoli e Lazio, e così ecco un nuovo spostamento per venerdì 22 febbraio alle 20.30. Non è una novità, soprattutto ultimamente, che il tifoso nel sistema calcio italiano non conti assolutamente nulla. Il messaggio di questo anonimo tifoso sul sito web della Gazzetta dello Sport, non lascia spazio a equivoci: “Non ne parliamo di quello che è capitato a me…Prenotati i biglietti anche per mio figlio di 7 anni sia volo che stadio per domenica 24…l’altro ieri la “bella notizia” anticipata a sabato alle 18… perso già il volo di andata rifaccio il biglietto aereo e prenoto un Hotel…oggi la stangata…anticipo al venerdi…che dovrei fare ora?”.

L’unica cosa possibile da fare sarebbe darci un taglio. Smettere di seguire questa farsa chiamata calcio italiano, che utilizza “il calcio è di chi lo ama” come ipocrita slogan pubblicitario. Il calcio in Italia NON è di chi lo ama: continuare  a dire che il tifoso è al centro di un progetto, è mentire sapendo di farlo. La Lazio deve lasciar spazio al rugby, sabato 23, e da lì è partito un assurdo effetto domino. Si resta basiti, per un semplice motivo: lo Stadio Flaminio, casa del rugby italiano per anni, è stato abbandonato, e continua ad esserlo ora nonostante sia iniziata un paio di mesi fa un’opera di bonifica, in mezzo ad erba alta e calcinacci. L’incuria e l’incapacità di sistemare i propri impianti e le proprie infrastrutture senza attendere che cadano a pezzi, è un must tutto italiano che impedisce così di dare più possibilità, in questo caso, a una città fervente come è Roma, creando spiacevoli equivoci. Senza considerare la mancanza di memoria storica: il Flaminio sorge sulle ceneri del vecchio Stadio Nazionale, che nel 1934 ospitò la vittoria del primo Mondiale dell’Italia di Vittorio Pozzo. Alcuna targa, alcun segno di riconoscimento che riconduca a quell’evento così memorabile. I tifosi non sono più tali ma sono divenuti clienti di uno spettacolo peraltro di dubbio gusto. E a ridere sono le televisioni: Sky venerdì 22 farà un altro pieno di abbonati e in fondo è quello che il sistema ha sempre cercato e ottenuto. Il calcio, da tempo immemore, è ormai non più un rito, come un tempo, ma puro intrattenimento. Vanno strigliati anche i tifosi, però: inutile lamentarsi e poi far finta che nulla sia accaduto. Fare un passo indietro, seppur doloroso, significherebbe almeno dare il dito e non tutto il braccio. Con stadi obsoleti pagati a peso d’oro, partite spostate a discrezione di chissà chi e piazzate in orari lavorativi, non si può proprio andare avanti.

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