Abbiamo intervistato Federico Giuliani, giornalista e studioso dell’Asia, in merito alla lotta al Covid-19 e al modello tecnologico coreano

DI DOMENICO VARANO

Salve Federico, lei é un giornalista che da anni si occupa dei Paesi asiastici. Ci vuole spiegare in cosa consiste il modello Coreano e come é organizzato?

” Il “modello Coreano” si basa su una strategia ben precisa che può così essere riassunta: Tracing, Testing e Treating, cioè tracciare, fare test e trattare. L’obiettivo è quello di anticipare il virus e bloccarne la catena di contagio, rintracciando subito i pazienti infetti e le persone con le quali questi soggetti hanno avuto (o possono aver avuto) contatti. Una volta fatta chiarezza è previsto l’isolamento dei pazienti positivi, che riceveranno tutta l’assistenza del caso fino alla guarigione. Due sono gli ingredienti fondamentali di una strategia del genere: il perfetto coordinamento delle autorità e l’uso della tecnologia. Basti pensare che in Corea del Sud esistono numerose applicazioni per smartphone in cui gli utenti possono controllare in tempo reale le zone rosse da evitare perché da lì è passato recentemente un paziente infetto. Le autorità, inoltre, caricano sui loro siti istituzionali numerose informazioni relative ai nuovi casi registrati. Ad eccezione del nome e del cognome del soggetto, che non è riportato, tutto il resto è messo a disposizione della comunità”.

 

Da un punto di vista tecnologico, la Corea e la Cina sono certamente più evolute del nostro Paese. In attesa di un vaccino, dovremo dunque convivere con il Covid-19 e probabilmente con una app che ci fará compagnia per qualche tempo. Siamo in grado di mettere in piedi un sistema di tracciamento in poche settimane? 

“Sia chiaro, Cina e Corea del Sud hanno due sistemi politici completamente diversi. In ogni caso i rispettivi ordinamenti giuridici, a differenza del nostro e di quello adottato da molti Paesi europei, consentono di eludere numerosi ostacoli collegati o collegabili alla privacy. Senza un vaccino, o comunque un farmaco capace di mitigare gli effetti del Covid-19, l’utilizzo di applicazioni sul modello coreano potrebbe essere un’ottima soluzione. Ci sono tuttavia degli aspetti da considerare. Il primo, già accennato e comunque teoricamente superabile vista l’emergenza, è legato alla privacy. Il secondo riguarda la differenza di fondo tra Corea del Sud e Italia. A Seul tutto (o quasi) ha funzionato perché il Paese era pronto ad affrontare un’emergenza come questa. Ma per avere una preparazione del genere occorrono anni, non certo poche settimane. Quindi, anche se riuscissimo a superare il primo ostacolo, non illudiamoci: difficilmente potremo raggiungere l’efficienza dei sudcoreani”.

In questi giorni si parla molto di “fase 2” e di ripresa di eventi sportivi. Crede che la data di fine maggio o inizio giugno sia quella giusta per la ripresa della Serie A? 

“Negli ultimi mesi esperti ed epidemiologi hanno detto tutto e il contrario di tutto. Adesso nessuno vuole più azzardare previsioni, forse per paura di prendere clamorosi buchi nell’acqua. Eppure di gaffe ne sono già state fatte a sufficienza (ricordate quando il Covid-19 era poco più che un’influenza?). Al di là di questa annotazione, basandomi su quanto sta accadendo in Cina, non escluderei una possibile ripresa degli eventi sportivi nel mese di giugno. Va da sé che le partite di calcio saranno rigorosamente a porte chiuse – suppongo – almeno fino al prossimo autunno. Ma a preoccuparmi è un’altra questione. A patto di riprendere a giocare tra uno, due o tre mesi, che cosa succederà qualora il giocatore della squadra X dovesse improvvisamente risultare positivo al Covid-19 dopo aver giocato una partita? Tornando sulla tempistica, ritengo che una volta superata la fase critica abbia poco senso tergiversare: se l’intenzione è quella di riprendere, farlo a giugno, luglio o agosto farebbe poca differenza”.

Se lei dovesse copiare ed esportare qualcosa del modello Corea in Italia, cosa copierebbe?

“Come dicevo prima, il modello coreano si chiama così perché è nato in Corea del Sud, in un Paese profondamente diverso dall’Italia, tanto da un punto di vista culturale quanto da quello sociale. Dovessi copiare qualcosa, lascerei perdere la tecnologia. Mi accontenterei di “esportare” il senso civico dei cittadini sudcoreani e del rispetto che loro, così come la maggior parte dei popoli asiatici, hanno nei confronti della comunità”.

Federico Giuliani é autore di libri, trovate le sue pubblicazioni su Amazon.it ma anche su altri siti, tipo questo  https://www.sololibri.net/La-rivoluzione-ignota-Dentro-la-Corea-del-Nord-Giuliani.html

 

 

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