Una maledizione perseguita questo numero. Tutti i rossoneri che hanno vestito la 7 negli anni 2000 sembrano destinati a lasciare il Milan. Solo suggestione?
Un numero, una storia. Il fascino del numero 7 è indiscutibile. L’hanno indossato C. Ronaldo, Beckham, Raul, Figo, Cantona e molti altri. Il numero 7 significa classe, dribbling, agilità, corsa e finalizzazione. Un connubio di caratteristiche spettacolari che rendono speciale ogni partita. La grande giocata te la aspetti o dal 7 o dal 10, non da un altro. Se la partita al 70esimo minuto è sullo 0-0, solo la giocata del campione può cambiare le sorti del match. Ala destra o sinistra è indifferente, esiste solo uno stile: palla incollata al piede, progressione sulla linea laterale e fantasia da vendere. Ciò che differenzia una squadra di provincia da una ‘big’ è quello ‘spaccapartite’ che tra gol e assist porta spettacolo e vittorie. Uno degli emblemi dei numeri 7 è indubbiamente Beckham: piedi sopra la media, eleganza, tiri precisi e cross tesi. A suon di gol ed assist si è portato sulle spalle le sorti del Manchester United, del Real e della Nazionale inglese per molti anni. Successivamente sbarcò a Milano e anche a San Siro, inevitabilmente, dimostrò tutte le sue doti.
Il Milan ne ha conosciuti molti di numeri 7. Alzi la mano chi non si ricorda di Donadoni, Shevchenko e Pato; sono sicuro che nessuno si è mosso. Ci si può dimenticare di un centrocampista di copertura, ma non di loro. Negli anni 2000, però, una strana coincidenza vale per chi indossa questa maglia. Partiamo da Shevchenko: Champions League e campionato vinti da protagonista, una finale di Champions persa nel 2005 ed un trasferimento al Chelsea. Parlando del valore affettivo e non del valore economico, perché non terminare la carriera al Milan? Cambiamo calciatore, siamo qualche stagione dopo, stiamo parlando di Pato. Un fenomeno. Una tragedia. Alti e bassi inspiegabili che hanno rovinato un talento puro, un numero 7 che poteva fare la storia del calcio mondiale. Una meteora bellissima, ma a breve termine. Sembrava impossibile, una classe cristallina e dei muscoli di cristallo. Chi se lo spiega? Fatto sta che lascia anzitempo il Milan.
Ed ora? Menez. Un talento puro. Un 7 che rispetta il valore di questo numero: classe, eleganza, rapidità di esecuzione e fantasia. A Roma lo ricordano come un fenomeno mai esploso: tanti numeri e pochi gol. A Parigi lo ricordano per… Anzi no, non lo ricordano! Un panchinaro di lusso che vista la concorrenza di Ibra, Cavani, Lavezzi, Pastore & Co. non è mai riuscito a fare il salto di qualità. Neanche in patria. Al Milan la scorsa estate serviva un attaccante e visto come era solito agire Galliani, arrivò questo parametro zero. Zero euro, 16 gol e mille giocate. Magari tutti i parametri zero fossero così. Discutibile dal punto di vista tattico, ma visti i numeri poco importa.
E domani? Rimarrà o si ripeteranno le sorti degli altri numeri 7 del Milan?
@PietroCartolano