Fra la fine degli anni 80 e metà anni 90 andare a giocare a Roma era sinonimo di vittoria.

DI MATTEO ANOBILE

Il Milan di Sacchi/Capello rasentava la perfezione, il mondo ha scoperto un nuovo modo di interpretare il calcio, fatto di intensità e pressing. Se quando si fa riferimento a Roma la citazione è Caput Mundi, il Milan lo rappresentava calcisticamente parlando.
L’Olimpico giallorosso veniva puntualmente espugnato, sei vittorie e tre pareggi.

Ce ne sono due che testimoniano la forza di quella squadra, entrambe nell’era Capello.
Stagione 92-93, la prima partita del nuovo anno dopo le vacanze natalizie, prevedeva la tappa a Roma.
Nemmneno 5′ è i rossoneri rimangono in 10 per l’espulsione di Baresi per fallo da ultimo uomo. Ma il Milan incarta bene la partita alla Roma al tal punto che l’inferiorità numerica non si nota, anzi i rossoneri passano in vantaggio con una sassata di Gullit. Nel secondo tempo il diavolo si arrocca in difesa contendendo la reazione capitolina e porta a casa i due punti, senza nemmeno faticare poi più di tanto.

Stagione 95-96, il nuovo Milan di Capello si presenta all’Olimpico senza Baggio, con Weah e Simone. La Roma passa dopo un quarto d’ora con una punizione di Balbo.
Ma prima dell’intervallo, grazie un gioco di prestigio di Savicevic mette un pallone all’interno dell’area che Weah spinge dentro.
Nella ripresa sempre il liberiano, si traveste da centometrista lascia sul posto Aldair e fredda Cervone, questo il suo biglietto da visita nel campionato italiano…per poi vincere il pallone d’oro qualche mese dopo.

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