di STEFANO RAVAGLIA
E’ stato un pomeriggio da calcio britannico, quello di San Siro contro il Chievo. Cielo scuro, pioggia, vento, partita simile a una gazzarra da fango. Il Milan ha avuto la meglio sui gialloblu nello stesso modo in cui fece nella stagione 2001-02: sotto 2-1, Shevchenko e Inzaghi rimontarono quella incredibile compagine che era approdata in serie A per la prima volta nella sua storia e che addirittura veleggiava nei primi posti della classifica. E’ stato sempre un osso duro il Chievo per il Milan. Che ieri però ha avuto la meglio, nella battaglia “britannica”, pur avendo chiuso la prima frazione di gioco sotto di un gol. Sono tre punti alla Gattuso: conquistati cioè più di caparbietà che di finezza, di squadra più che di singoli. Ed ecco il signor André Silva: quanta goduria nel vedere spazzate via le critiche in un sol colpo nelle ultime due settimane. Il portoghese, costato una quarantina di milioni, inizia a calarsi nella parte. “Gli ho chiesto più cattiveria, prima andava leggero sul pallone, ora va più duro: ha capito”, ha detto Gattuso in conferenza stampa post-partita.
Che la squadra andasse disposta tatticamente meglio del periodo montelliano, è fuor di dubbio. Che peccasse di volontà, altrettanto. Il Milan del passaggio dall’estate all’autunno si era presto sgonfiato dopo l’euforia di un mercato scintillante. Che non ha avuto però una collocazione tattica conseguente, con tutti i problemi che ne sono scaturiti: giocatori nei ruoli sbagliati, confusione e apatia. Unita a una preparazione atletica deficitaria che rendeva la squadra lenta e compassata. Oggi il Milan ha cambiato volto e consistenza: è una squadra che, solo cinque mesi fa, questa partita non l’avrebbe mai ribaltata. La forza con cui André Silva schiaffeggia in porta la palla del 3-2, è come un calcio al recente passato rossonero fatto di una ingenua superbia che era partita a cavallo ed era poi tornata a piedi.
Il Milan raramente è bello, ma è efficace: è divenuta una squadra, il requisito primo che si chiedeva a tanti nuovi giocatori messi là quasi a caso. Pur ballando un po’ nelle retrovie, e questa è una cosa nuova (il Milan non aveva subito gol nelle ultime 4 gare di campionato), riesce a portare molti uomini in area avversaria e nel pomeriggio di San Siro è riuscito a sopperire alle assenze di Calabria e Romagnoli, facendo funzionare quasi alla perfezione il binario di sinistra dove, soprattutto nel primo tempo, Kessié e Suso hanno combinato spesso e volentieri, con il culmine del gol del vantaggio di Calhanoglu, altro protagonista che bastava mettere nel suo ruolo per poter esaltare. Ora però, stop: il Milan che ha tirato la carretta nell’ultimo mese (“siamo tornati alle 6 da Londra venerdì mattina, avendo poco tempo per prepararci” ha recriminato Gattuso) va ai box. E, pur nel momento positivo che non si dovrebbe mai fermare, è una sosta benedetta. Solo l’Arsenal, con ovvia e tacita esperienza e maggior qualità nel palleggio al netto degli errori arbitrali di Londra, è riuscito a imporre l’alt alla banda di Gattuso. Indemoniata, come il suo allenatore. Se son rose rossonere, fioriranno.