“Mi consolerò guardando la Coppa del 2003”. La storia di un odio pretestuoso verso un uomo perbene

 

di STEFANO RAVAGLIA

 

Per l’amor del cielo, lungi dal fare i moralisti. Chi di noi non ha mai insultato un vicino di casa, un collega, un amico, soprattutto in un paese come questo dedito molto spesso all’accanimento e alla violenza verbale (e non solo in taluni casi) impregnato di polemica e frustrazione come una spugna. Ma l’etichetta di “maiale” che i tifosi della Juventus, per carità, non tutti ma una parte consistente, continuano ad affibbiare a Carlo Ancelotti, anche sabato durante Juventus-Napoli, oltre che qualcosa di molto sgradevole è qualcosa di molto scaduto. Ma quali sono i motivi di questa avversione? Qualcuno può pensare allo scudetto perso a Perugia nel 2000, o a quello sfumato l’anno seguente a beneficio della Roma di Capello. Nulla di tutto questo, o meglio, parzialmente concedibile. Si vince e si perde, e i tifosi della Juventus, fondata sul motto “vincere non è importante ma è l’unica cosa che conta”, ritiene forse che non vincere sia sufficiente per tirare in ballo i suini. Dulcis in fundo, manco a dirlo, il 2003 e la Champions League conquistata da Ancelotti proprio contro la sua ex squadra.

In realtà, occorre riavvolgere il nastro di diciannove anni: 14 febbraio 1999, Piacenza-Juventus 0-2. Ancelotti fa il suo esordio sulla panchina bianconera dopo le dimissioni di Lippi (sconfitto 4-2 in casa dal Parma) e il pubblico juventino al “Garilli” lo etichetta subito: “Un maiale non può allenare”. Di contorno, anche molti striscioni di sostegno all’ex tecnico e pure un “Moggi pagliaccio”. Strano, proprio colui che è ancora idolatrato nonostante tutto quanto accaduto undici anni fa. L’argomento suino evidentemente ai tifosi bianconeri piace molto: in Juventus-Cagliari del 21 maggio 2014, a essere definito maiale, trovando una bizzarra rima, è il giornalista di Rai Sport Enrico Varriale. Prese di posizione sempre completamente sbagliate, ma ancor più stucchevoli quando ad andarci di mezzo è una persona alla quale pensiamo non possa essere rimproverato nulla: umiltà, ironia, quella sfoggiata anche nella risposta che fa tutta la differenza del mondo tra le persone stupide e quelle intelligenti, cultura del lavoro e leggerezza. Tutte cose che ovviamente nel calcio caciarone di oggi non fanno più audience. Ai tifosi juventini diamo un consiglio di lettura: “Preferisco la Coppa” (dei Campioni, perdonateci se parliamo di corda in casa dell’impiccato), come quelle che Ancelotti ha vinto, tra calciatore e allenatore, più della Juventus stessa. Ci troverete molta ironia e soprattutto auto-ironia. Quella che manca parecchio a chi cresce con un motto che rende tristemente superfluo tutto ciò che non è la vittoria.

 

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