L’ex mediano rossonero spegne 43 candeline, una vera bandiera rossonera
MATTEO ANOBILE
Per raccontare la storia fra Gattuso e il Milan non basterebbe una serie Netflix e forse nemmeno un libro.
Nato in Calabria fin da piccolo tifava il diavolo e sui muri del suo paese, scriveva “W MILAN!”.Nell’estate 99 realizza il sogno, arriva nella sua squadra del cuore. Prende il numero 8 che la stagione prima era di un’altra bandiera: Roberto Donadoni e lo ha portato in maniera austera. Diventa un ganglo del centrocampo rossonero, un polmone, un’arteria. In campo, sputa sangue rossonero fa apprendistato con Zaccheroni, con Ancelotti alza i trofei, assieme a Pirlo e Seedorf sono i pilastri del centrocampo. Da giocatore rimane per 13 stagioni e vince di tutto. Spiccano le due Champions (Manchester e Atene!!), prorio nella partita perfetta in semifinale a San Siro con il Manchester, viene fuori l’animo di Rino Gattuso. Deve affrontare Cristiano Ronaldo, stella dei Red Devils, ma la sua frase è il prologo al trionfo. Lui è piu’ tecnico di me, l’unica differenza è che io andrò ad Atene, lui no. Gattuso dove non arrivava con i piedi, ci metteva il cuore, per giungere a destinazione.
Due anni sulla panchina rossonera da allenatore alla fine della seconda stagione, sfiora la Champions. Ma da uomo d’onore qual’è non trova l’accordo per il prosequio e si dimette, rinunciando al restante ingaggio.
Giu’ il cappello e una stretta di mano a Gennaro Gattuso!