di STEFANO RAVAGLIA

 

Il 3 dicembre cominciava il viaggio del Milan di Gattuso. E pareva il viaggio inaugurale del Titanic: l’inaspettato iceberg si chiamava Benevento, che aveva perso le prime quattordici partite e trovò con i rossoneri il primo punto in serie A. Nonostante ciò, la nave rossonera non è affondata. Ammaccata sì, perché dieci giorni dopo arrivò un pesante 0-3 a Verona, ma una volta che il Capitano Gattuso ha saputo come prendere il timone in mano, la direzione è cambiata.

Il Milan ha veleggiato verso nuovi mari, scoprendo terre e portando a casa souvenir. Si è qualificato per la finale di Coppa Italia ed è uscito tutt’altro che con le ossa rotte dagli scontri con chi lo precedeva, al contrario di un girone d’andata terribile contro Napoli, Juventus, Inter, Roma e Lazio. Alle 17 del 3 dicembre forse Gattuso si chiedeva chi glielo avesse fatto fare, di infilarsi in un calderone così. Oggi invece, alla vigilia della sfida di ritorno, ha più certezze e meno dubbi.

Visto il bicchiere mezzo pieno, occorre però spendere due parole su ciò che non va. Il Milan si è inceppato comprensibilmente, da un lato, dopo una rincorsa a rimediare la falsa partenza montelliana. Il rebus degli attaccanti è un argomento che lascia lo spazio che trova: il 4-3-3 ha pagato e non è certo per colpa del numero delle punte che nell’ultimo mese il Milan ha infilato quattro pareggi consecutivi e non vince dallo scorso 18 marzo. L’argomento attaccante coinvolge piuttosto una lacuna di mercato, facile da individuare se il miglior bomber del Milan è Cutrone con soli 7 reti. Vero è che in quattordici della rosa sono andati a segno, ma manca forse il trascinatore ideale a togliere dagli impacci la squadra in partite rognose. Così come quella col Benevento di domani, dove il Milan non si potrà permettere di giocare ai ritmi lenti e compassati dell’incontro casalingo contro il Sassuolo, altra squadra votata alla salvezza che tolto ai rossoneri la certezza di poter sperare nella Champions League, seppur per i campani le chances di restare in A siano quasi nulle. Proprio per questo, un altro sgambetto, dopo il tuffo di testa di Brignoli in chiusura di partita lo scorso dicembre, non sarebbe tollerabile.

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