Il mondo del calcio spinge per una ripartenza, ma ci sono dei rischi

DI REDAZIONE

Non ce ne vogliano i club e i calciatori, ma in un momento in cui il Paese ha ancora 2000 casi giornalieri e 300 morti al giorno, noi di ripartenza non vogliamo proprio parlare. La ripartenza dello sport si farà o andrà fatta solo quando ci saranno le condizioni. Vi spieghiamo il perché. Oggi ci sono molti italiani che attendono un tampone, molti attendono chiusi in casa, con poca assistenza domiciliare, e forse con pochi soldi. Non é il caso del mondo del calcio, che da anni vede contratti faraonici e tanti sperperi di denaro. É vero, il calcio ha una funzione sociale e forse avrebbe anche degli effetti benefici sulla psiche dei tanti italiani rinchiusi, ma siamo sicuri che ci siano le condizioni per provare a ripartire? A noi sembra di no. Le stesse parole del Ministro dello Sport, ci fanno capire che forse, quel protocollo consegnato, non ha proprio soddisfatto tutti i requisiti di sicurezza. É probabile che il calcio possa ripartire, a porte chiuse tra qualche settimana, o che alla fine, salti tutto e non venga assegnato lo scudetto. Forse salterebbero i conti di molte società, che a questo punto avrebbero seri problemi di sostenibilità. La nostra sensazione é che il tempo delle vacche grasse sia finito, che l’Italia, con un Pil a -8%, non possa farsi carico di un mondo che per anni é stato un Eldorado. I veri eroi di questa nazione sono i medici e gli infermieri, e bene farebbero tutti i club, ad ascoltare gli esperti, gli epidemiologi, che da settimane spiegano i rischi. Il Coronavirus ha cambiato il mondo e, fidatevi, cambierà anche il calcio. Si prenda atto che la stagione é finita, ci sono altre priorità.

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