Sacchi, Buffon, Supercoppe e tante svolte: non è mai una partita banale

 

di STEFANO RAVAGLIA

 

“Tutta la storia recente del Milan profuma di parmigiano e culatello”. Così disse Franco Zuccalà, apprezzato giornalista Rai che curava negli anni Ottanta e Novanta i servizi da San Siro. Era appena finito un Milan-Parma, senza reti. Era l’ultima partita di Sacchi come allenatore del Milan a San Siro, anno 1991, e i gialloblu, al loro primo anno di A, erano riusciti non solo a perdere ma anche a non far nemmeno segnare i campioni del mondo in due partite tra andate e ritorno. E certamente Zuccalà aveva ragione: non è una partita d’alta classifica, ma Milan-Parma porta con sé un bagaglio colmo di storie, aneddoti, personaggi e soprattutto incroci che talvolta paiono davvero sistemati li dal destino in un periodo storico-calcistico ben definito: gli anni Novanta, per molti, nostalgici.

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Milan-Parma ad alti livelli è una storia che inizia a fine anni Ottanta. Prima dell’esordio in A dei crociati è in Coppa Italia che in un certo modo si compie il destino. Il Milan, nel 1986, è la creatura appena nata di Berlusconi. L’imprenditore milanese l’ha rilevata dalla gestione disastrosa di Farina con l’intenzione, per i tempi un po’ avventata, di vincere tutto. Nell’estate di quell’anno, inizia la nuova coppa nazionale, con otto gironi da sei squadre ciascuno. Rossoneri e gialloblu sono insieme nel girone 5 insieme a Barletta, Triestina, Sambenedettese, Ascoli e Triestina. Il Parma vince il girone con 8 punti, di cui 2 ottenuti con il Milan. Il 3 settembre 1986 a San Siro il Parma sbanca Milano grazie a Fontolan, che segna dopo dieci minuti. I crociati sorprendono il Milan con un gioco sistematico e senza pause nonché una tattica del fuorigioco esasperata. Merito dello stempiato allenatore romagnolo in panchina: si chiama Arrigo Sacchi, allenava il Rimini e prima ancora le giovanili di Cesena e Fiorentina e ai più è un perfetto sconosciuto. Il Milan è addirittura contestato e i tifosi mugugnano, ansiosi di volere una svolta che manca da troppi anni. In ogni caso, il Milan chiude secondo a 7 punti, e le due squadre si trovano di fronte anche agli ottavi. Non contento della vittoria di settembre, il Parma passa a San Siro anche nella partita di andata del febbraio 1987: questa volta la beffa è firmata Bortolazzi a dieci minuti dal termine. Al ritorno, che si gioca in aprile, il Milan ha cambiato allenatore. Non più Liedholm ma Fabio Capello, che fa il suo esordio proprio quella sera al Tardini. Nessun miracolo: lo 0-0 qualifica i gialloblu al turno successivo.

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Poi il Parma sale in A nel 1990, quando il Milan ha completato il suo giro d’Europa e del mondo. Nessuno sa che sul panorama europeo si affaccerà presto anche la compagine gialloblu. Che nel frattempo è andata in mano a Nevio Scala e ha conquistato la promozione, e al termine di quel Milan-Parma del 1991 anche l’Europa. L’anno seguente, Marco Van Basten sbaglia il diciassettesimo rigore personale proprio contro i gialloblu a San Siro (a volte, la cabala…) ma il Milan vince 2-0. A Parma anche, stesso punteggio. Non c’è storia quell’anno, il Milan vince imbattuto il dodicesimo scudetto e il Parma conquista il primo importante trofeo, la Coppa Italia. Preludio alla stagione 1992-93 dove i destini di Milan e Parma si faranno sempre più comuni. Si apre subito il 30 agosto 1992, Supercoppa Italiana: i rossoneri vincono 2-1 ribaltando l’iniziale vantaggio parmense con Massaro e Van Basten. Mentre, cammin facendo, i rossoneri perdono la finale di Champions League contro il Marsiglia, il Parma solleva la Coppa Coppe a Wembley contro l’Anversa (3-1).  Ma il Milan-Parma che più balza alla mente, giocato sempre quella stagione, è forse quello di Faustino Asprillia. I rossoneri non perdono da 58 partite nel marzo del 1993, ossia dalla penultima giornata del 1991 a Bari. E guarda un po’, la striscia positiva era iniziata proprio in quel Milan-Parma a cui accennavamo all’inizio. Nel primo giorno di primavera, la punizione del colombiano buca Rossi e decreta la vittoria per gli ospiti. Tutto San Siro scatta in piedi ad applaudire a fine gara nonostante la sconfitta: il record dei rossoneri è una striscia ancora imbattuta.

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L’anno seguente invece, la Supercoppa Europea, che il Parma dovrebbe disputare con il Marsiglia che ha sconfitto il Milan a Monaco, mette di nuovo di fronte la squadra di Capello contro quella di Scala, perché i transalpini vengono squalificati per aver truccato l’esito di una partita di campionato contro il Valenciennes disputata prima della finale col Milan: furono trovati 250.000 franchi svizzeri nella casa di un giocatore del Valenciennes corrotto da un giocatore e un dirigente dell’Olympique. La Supercoppa si svolge in gare di andata e ritorno nel 1994: a Parma, Papin firma la vittoria rossonera. Ci si aspetta che a San Siro si svolga una pura formalità, e invece i gialloblu ribaltano tutto con Sensini prima, che porta ai supplementari l’incontro, e con Crippa poi, che sfrutta un assist in area dopo un errore di Maldini nelle retrovie. Ballotta, numero uno parmense, fa il resto, respingendo gli attacchi milanisti.

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Il 1995 invece è l’anno di Buffon. Il portiere diciassettenne esordisce proprio al Tardini contro i rossoneri di Baggio e Weah, che ritemprano l’attacco del Milan dopo le delusioni dell’annata precedente. Il predestinato si presenta a suon di parate, tra cui una straordinaria sul Divin Codino. Finisce 0-0, e non può essere che merito suo e per il Milan a fine stagione arriverà un altro titolo. Stagione 1996-97: Milan campione in carica che ospita i gialloblu in dicembre. Ancelotti, dopo aver portato in A la Reggiana, si sposta di qualche chilometro per allenare il Parma. Che quando sbarca a San Siro pare spacciato: in crisi di gioco e di risultati, l’esonero è dietro l’angolo: Mario Stanic decide invece che non sarà così, e di testa da calcio d’angolo firma un’altra vittoria del Parma e la salvezza per Ancelotti, proprio davanti all’ex maestro Arrigo Sacchi, chiamato a sostituire l’esonerato Tabarez.

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Anche nella stagione 1998-99 le due squadre vanno a braccetto. Il Parma è quello dei Veron, dei Crespo, dei Chiesa, ancora con quel diciassettenne nel frattempo divenuto già un fuoriclasse oltre i vent’anni, in porta. Il 21 aprile 1999 un Milan che vede lo scudetto come una chimera, con la Lazio lontanissima, ospita il Parma a San Siro. La vecchia volpe Abel Balbo porta avanti i suoi, ma prima Maldini pareggia e poi Ganz, in una corsa che tutti i tifosi rossoneri ricordano, supera Buffon ingaggiando un duello spalla a spalla con Cannavaro. Lo vince l’attaccante rossonero che mette dentro il decisivo 2-1 a pochi istanti dalla fine. Iniziano da lì le sette vittoria consecutive che permetteranno al Milan di scavalcare la Lazio alla penultima e cucirsi il sedicesimo scudetto sulla maglia.

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Anche i gialloblu sorridono: arrivano le coppe. La Coppa Italia, conquistata in finale con la Fiorentina, poi la Coppa Uefa, e questa volta il Marsiglia c’è, e non ha scampo: 3-0. Supercoppa Italiana, dunque, ancora una volta. Il 21 agosto 1999 a ribaltare tutto sono i gialloblu: l’aria di San Siro fa bene al Parma, che in svantaggio per il gol del redivivo argentino Guglielminpietro, Crespo stacca in modo perentorio di testa battendo Rossi per l’1-1. Nel recupero, da azione d’angolo, Boghossian entra di testa e la palla, dopo aver colpito il palo, si insacca lenta lenta per il definitivo 2-1. L’ultima sfida del millennio è tre mesi dopo a quella finale, e regala ancora una chiosa di decennio da ricordare: in campionato, ancora a San Siro, questa volta è di nuovo 2-1, ma per il Milan. Sebastiano Rossi compie forse l’ultima significativa prodezza della carriera. Tornava in porta da titolare dopo dieci mesi e quel pugno a Bucchi in Milan-Perugia, e a pochi minuti dal termine para il rigore del possibile 2-2 a Crespo. Per il Milan quella fu anche la vittoria numero mille della sua storia in campionato. Milan-Parma, la noia questa sconosciuta.

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